RECCHIONI: “CAMBIAMO IL LINGUAGGIO COMUNICATIVO”
RECCHIONI ZEROCALCARE MEDIA – Sale di nuovo in cattedra Roberto Recchioni, “la rockstar del fumetto italiano”, con un comunicato che di rockstar ha poco, ma ha invece molto di una lucida sintesi del mondo del fumetto italiano e del suo rapporto con i media.
“Problemi di comunicazione”, scrive Recchioni sulla sua pagina Facebok.
“Fabio Volo vende 28.000 copie del suo nuovo libro in una settimana, e ne parlano i quotidiani come di un fenomeno. Zerocalcare ne vende 30.000 in poco più tempo, e ne parliamo giusto noi fumettisti. C’è un probema di fondo che non è come facciamo i fumetti e come li vendiamo (bene e bene). Il problema è che usiamo il linguaggio comunicativo sbagliato”.
Come dargli torto, quando sui principali quotidiani il mondo del fumetto viene relegato a mera forma d’intrattenimento di serie C e in televisione se ne parla soltanto quando esce l’ennesimo kolossal hollywoodiano?
VENDITE E NUMERI – È proprio al grande schermo che fa riferimento Recchioni, proseguendo la sua analisi:
“Altro esempio: al cinema non si dice quanti biglietti sono stati staccati come prima cifra. Come prima cifra si dice quanti soldi un film ha fatto. Sono soldi lordi ma non interessa a nessuno perché il giornalista vuole sapere quello perché quello funziona.
Nei fumetti, invece, si dice quanto si è venduto in termini di copie.
Adesso, guardate che effetto diverso fa scrivere: «abbiamo venduto 60.000 copie» e scrivere invece «abbiamo incassato 270.000 euro»“.
Insomma, i fumetti sono di qualità e le case editrici riescono a venderli con successo; i contenuti ci sono e le cifre pure. Ma per irrompere nella comunicazione di massa c’è bisogno di un vero e proprio bombardamento di numeri, e oggi, in un mondo che ha travalicato persino la soglia del già estraniante «più vende, più è bello», ciò che interessa ai media è il più tipico degli algoritmi dello showbusiness: «Se ha incassato tanti soldi, può colpire».
“Problemi di comunicazione”, scrive Recchioni sulla sua pagina Facebok.
“Fabio Volo vende 28.000 copie del suo nuovo libro in una settimana, e ne parlano i quotidiani come di un fenomeno. Zerocalcare ne vende 30.000 in poco più tempo, e ne parliamo giusto noi fumettisti. C’è un probema di fondo che non è come facciamo i fumetti e come li vendiamo (bene e bene). Il problema è che usiamo il linguaggio comunicativo sbagliato”.
Come dargli torto, quando sui principali quotidiani il mondo del fumetto viene relegato a mera forma d’intrattenimento di serie C e in televisione se ne parla soltanto quando esce l’ennesimo kolossal hollywoodiano?
VENDITE E NUMERI – È proprio al grande schermo che fa riferimento Recchioni, proseguendo la sua analisi:
“Altro esempio: al cinema non si dice quanti biglietti sono stati staccati come prima cifra. Come prima cifra si dice quanti soldi un film ha fatto. Sono soldi lordi ma non interessa a nessuno perché il giornalista vuole sapere quello perché quello funziona.
Nei fumetti, invece, si dice quanto si è venduto in termini di copie.
Adesso, guardate che effetto diverso fa scrivere: «abbiamo venduto 60.000 copie» e scrivere invece «abbiamo incassato 270.000 euro»“.
Insomma, i fumetti sono di qualità e le case editrici riescono a venderli con successo; i contenuti ci sono e le cifre pure. Ma per irrompere nella comunicazione di massa c’è bisogno di un vero e proprio bombardamento di numeri, e oggi, in un mondo che ha travalicato persino la soglia del già estraniante «più vende, più è bello», ciò che interessa ai media è il più tipico degli algoritmi dello showbusiness: «Se ha incassato tanti soldi, può colpire».