S01E03 – ALLERTA POLEMICA – E anche allerta spoiler. Se non avete mai letto il manga di Kentaro Miura ‘Berserk’, questo editoriale, forse, non fa per voi: darà per scontati parecchi dettagli, vi sballotterà da un punto all’altro della trama, e potrebbe persino farvi passare la voglia di leggere questo fumetto che fa dannare gli appassionati, come pochi altri titoli sono riusciti. Siete avvisati.
Partiamo dall’inizio, perché nonostante oggi la parola berserkr sia vagamente inflazionata e di uso abbastanza comune non tutti ne conoscono le origini, non tutti sanno che i berserkir erano guerrieri scandinavi votati a Odino nella sua forma di ‘Voden’, che letteralmente indica il furore. Questi guerrieri entravano in una sorta di trance, una condizione mentale di furia, il berserksgangr, che li rendeva particolarmente feroci e insensibili al dolore. Normalmente sono stati descritti come ‘quelli vestiti con pelli d’orso’ per una delle possibili, e più accreditate, etimologie della parola, derivante da berr ‘orso’ e sarkr ‘maglia’. Si muovevano in gruppi, come società di guerrieri entrati a far parte della leggenda anche per la credenza che potessero effettivamente trasformarsi in orsi e che non potessero essere sconfitti, a meno che non gli venisse asportata un organo vitale, come il cuore o la testa.
Sulla figura di questi guerrieri sono stati fatti dei film, il loro mito ha ispirato diverse tipologie di rivisitazione, e il berserker furioso è anche una sgravissima classe di prestigio di D&D: ma ciò che più di tutto ha reso questa parola così conosciuta, almeno in Italia, è il titolo del manga del 1996 di Miura.
Che Gatsu abbia dimostrato fin dalle prime pagine del fumetto lo spirito del berserk, è consapevolezza che troverà tutti d’accordo. Certamente, da quando indossa l’armatura del Teschio il collegamento col titolo è diventato ancor più palpabile: l’incapacità di sentire la paura, il dolore e la stanchezza quando è dominato dalla magia dell’artefatto ben si sposa con il furore divino dei guerrieri scandinavi. E se vogliamo puntualizzare sulla bestia nera nell’animo del protagonista, ben più simile a un lupo che a un orso, possiamo spezzare una lancia: l’etimologia della parola berserk non è così lineare, ci sono varie teorie, e se la più accreditata vuole che berr si avvicini a orso, lo fa quasi altrettanto con il nederlanese baar ‘lupo’. In fondo però, queste sono inezie, e il vero problema risiede nel dubbio: l’incertezza che deriva dal non sapere se questa saga avrà mai una fine, se sarà anche solo vicina alle aspettative che sono state costruite negli anni, e se l’autore, con questi ritmi, vivrà abbastanza per scriverla.
Tengo in considerazione la prima riedizione italiana, la collection, che ricalca i tankōbon giapponesi ed è quella che conosco. Il primo numero esce nel maggio del 2000, e siccome unisce due numeri mensili italiani alla volta, ha una cadenza bimestrale. Escono quindi 6 numeri l’anno, e se consideriamo che l’età d’oro, che è l’incipit della storia che racconta dell’incontro di Gatsu e Grifis fino all’Eclissi, ha termine nel numero 13, i conti si fanno in fretta: nel maggio del 2002 i lettori di Berserk erano nella più totale fissa, adorazione e venerazione per questo manga che prometteva l’incredibile. Era solo l’inizio, solo l’introduzione della storia e già era successo l’impossibile. Non sembrava vero che ci fosse un autore capace di creare una trama con un crescendo così ricco di colpi di scena, così emozionante, e con un disegno che a ogni numero si andava affinando.
Infatti così non è stato.
La serie ha continuato a uscire regolarmente ogni due mesi per altri due anni, è il 2004 che segna l’inizio della decadenza: da 6 numeri si passa a 4, poi a 2 soli volumi nel 2005 e nel 2006, infine l’inattendibile unico numero l’anno che ci accompagna ormai dal 2007. Di nuovo si fa presto a fare i conti, l’ultimo volume, uscito nel dicembre 2013, riportava il numero 37.
Come se non bastasse l’agonia di dover aspettare 365 giorni, spesso di più a causa dei ritardi di pubblicazione, per leggere il seguito di una storia che ha lasciato col fiato sospeso, e con la voglia di capire dove si andrà a parare, il problema fondamentale è che la trama non regge il confronto con quell’incipit pieno di svolte. La storia ristagna, si perde in episodi che lasciano il lettore che ha atteso tanto con l’amaro in bocca, o forse un pugno di mosche e tanto stress. Oltretutto, sembra che la storia perda di tono in favore dei disegni, che sfiorano ormai la perfezione, con una cura maniacale per i dettagli davvero encomiabile, che non si incontra spesso. Tanta forma, tanto stile, ma dov’è rimasta la sostanza? È vero, i personaggi che sono stati introdotti nel post massacro sono probabilmente più belli e coloriti di quelli precedenti, in fondo se si riesce a tenere a mente quel che era successo l’anno precedente, e quelli prima ancora, forse c’è una trama anche appassionante: ma è lenta, ha perso di mordente, e il lettore, anche quello accanito, è ormai estenuato da questa attesa che sopporta solo in virtù di quei vecchi fasti che l’avevano fatto innamorare. La storia d’amore con Berserk è una di quelle a cui non riesci a porre fine, è stato troppo bello finché è durato, e ancora si conserva l’illusione che possa tornare come prima, e finché c’è illusione c’è speranza.
Ciliegina sulla torta: come se le riserve sulla possibilità di leggere, prima o poi, una conclusione a questo magnifico titolo non aumentassero man mano sempre di più, ci si mette anche l’ispirazione dell’autore verso nuovi lidi, e quella pausa per Gigantomachia gli è probabilmente costata un bel po’ di lettori, stufi di attendere.
Cercando di guardare i lati positivi: Hakusensha, in Giappone, ha ripreso a pubblicare Berserk, e si può solo sperare che la pausa sia servita all’autore per schiarirsi le idee, permettendogli di produrre più storie, più ricche, più frequenti. Staremo a vedere.
Nicolò Laporini nasce a Pontremoli nel 1992. Diplomatosi come ragioniere programmatore, sceglie di non intraprendere una vita di scartoffie e fatture ma di provare a seguire le sue più grandi passioni: il disegno e l'amore per il fumetto. Si iscrive alla Scuola Internazionale di Comics Di Reggio Emilia e al secondo anno di fumetto inizia a seguire anche il corso di colorazione digitale. Ha colorato il 7° numero della fanzine del Fan Club Ufficiale di Dylan Dog e il 2° numero di Black Block, autoproduzione Damage Comix. Attualmente frequenta il terzo e ultimo anno del corso di fumetto.
Stefano Sergiampietri disegna da quando ha memoria, frequenta poi la Scuola Internazionale di Comics di Firenze nei corsi di fumetto e illustrazione. La gente dice che sorride poco e che è alla ricerca continua di uno stile personale tra pittura, inchiostrazione e graffiti.
Jacopo Vanni, classe 1990, si diploma al liceo artistico di La Spezia nel 2009 e frequenta l Accademia di Belle Arti di Carrara all'indirizzo di arti multimediali. Nel 2012 muove i primi passi nel mondo dei comics grazie a un corso di fumetto gestito da Michele Bertilorenzi. A marzo dell'anno seguente entra a far parte del gruppo Damage Comix con il quale realizza il suo primo albo “The Day Of The PowerMarshall” esordendo a Lucca Comics 2013.
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