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[Esclusiva C4C] Intervista a Vanna Vinci

AIDA STELIO MATTIONI IL RICHIAMO DI ALMA ERICH VON STROHEIM BAO PUBLISHING KAPPA EDIZIONI KŌDANSHA – Se intervistare è forse l’attività che mi chiede più impegno e fatica, è anche quella che mi regala le soddisfazioni maggiori. Questo è uno di quei casi. Un ringraziamento davvero speciale a Vanna Vinci, lasciando che sia l’intervista a presentarla per chi non la conoscesse, che ci ha regalato una lunga e succosa chiacchierata che si tracanna d’un fiato.

Enjoy!

C4 Comic – Ciao Vanna, innanzitutto grazie per averci concesso quest’intervista e benvenuta su C4Comic.
Vanna – Grazie a voi dello spazio e delle domande!

C4C – Normalmente dovrebbe essere la redazione a fare la presentazione dell’artista, ma noi preferiamo andare un po’ controcorrente e lasciare che questa venga fatta dal diretto interessato, in modo che possa mettere l’accento su quel che preferisce e che ritiene maggiormente importante. Questo preambolo per chiederti se hai voglia di parlaci un po’ di te.
Vanna: Autodefinirsi è uno sport complicato e irto di ostacoli. A dire la verità c’è gente che lo pratica benissimo, io però non sono tra questi. Cosa dire di me… Sono nata a Cagliari, vivo tra Bologna e Milano. Mi piacciono i cani e i libri. Mi piace chiacchierare, stare al bar. Se mi fisso su una cosa sono ossessiva. Sono in generale un persona riflessiva, a volte però questa dote sparisce…

C4C – Ripartiamo dall’inizio: com’è nata la tua passione per il fumetto?
Vanna – Non sono una gran lettrice di fumetti. Sono invece una grande lettrice di libri. Con questo, lungi da me sostenere che i libri siano meglio dei fumetti… Tutto il contrario… I fumetti sono molto più complessi, visto che comportano diversi piani di lettura. Insomma leggere il fumetto è complicato. Però, per stare in tema, sono stata abbonata a Topolino da molto piccola. Poi, da adolescente, mi è stato regalato da mia madre un libro di storie brevi di Corto Maltese. Leggere quelle storie ha completamente sconvolto la mia esistenza ed è stato allora che ho deciso che avrei voluto scrivere e disegnare fumetti. In pratica si è formato in me il germe della malattia, perché sì, secondo me il fumetto è una malattia mentale. Come per l’herpes, che può essere attivato da qualche agente esterno, nel mio caso il morbo del fumetto è stato innescato da Pratt.
Devo dire che poi altri autori, fondamentalmente italiani, hanno fomentato questa ossessione: Crepax, Battaglia, Magnus, Nidasio… più Searle, Quino, Sempé e Schulz. Però all’inizio ero fissata con Pratt, volevo disegnare come lui. All’epoca poi copiare Pratt era un’arte praticata da parecchi, così quello che sarebbe diventato il mio primo editore, Luigi Bernardi, mi aveva consigliato di provare a stemperare questa influenza con qualcosa di completamente diverso. In quel periodo io ero una grande seguace del fumetto e dei cartoni animati giapponesi (tossicodipendenza che andava tenuta nascosta come la lebbra), dunque, impavidamente, avevo deciso di mescolare Pratt a Lady Oscar (soprattutto il cartone animato) e infarcire il tutto con l’altra mia grande passione, l’espressionismo tedesco, quello de “Lo schermo demoniaco” di Lotte Eisner. Questo incredibile e imbarazzante pasticcio (anche nel senso alimentare del termine) ha prodotto la mia prima storia in volume, “L’altra parte” (il titolo è piratato da Alfred Kubin). Si trattava di una storia il cui protagonista era un vampiro molto anni ottanta e molto snob. Le texture oscillavano tra influenze di Riyoko Ikeda e Gustav Klimt. Pratt era passato a essere una filigrana. Così è iniziato… È tutta la verità.

C4C – Sei considerata una delle voci più significative e personali nel panorama del fumetto italiano, c’è qualcosa a cui ti ispiri per le tue storie? Che sia un elemento ricorrente, o un aneddoto particolare che vorresti condividere con noi.
Vanna – Onestamente, per un lungo periodo della mia vita ho raccontato storie che parlavano di me. È un periodo di autobiografie, e io non ne ho mai fatta una dichiarandomi apertamente. Però, nelle storie fino alla Casati, ho mescolato questioni molto personali, familiari e profonde, a invenzioni. Di sicuro i temi fondamentali in cui mi muovo sono le crisi di passaggio, le dinamiche interne ai personaggi, la crescita, l’invecchiamento, la malattia e la morte. Ma anche le relazioni tra generazioni diverse. Senz’altro sono il passato e la decadenza a interessarmi più di tutto. E il quotidiano nel senso minimo del termine. Non sono una da grandi avventure, cioè: mi piacciono molto, ma non sono brava a scriverle né a disegnarle. D’altro canto mi sono mossa sempre all’interno dell’universo femminile. Mi interessano i personaggi femminili fuori dallo stereotipo. Donne o ragazze in momento di dubbio, di cambiamento. Di sicuro anche i libri che leggo sono fonte di ispirazione, e così le cose che sento le persone che vedo. Amo ascoltare i discorsi degli altri e mi piace guardare la gente.
Un aneddoto… Non sono una facile a commuoversi… Però due cose mi hanno fatto venire i lacrimoni: una volta che ho visto proiettato in aula all’Istituto Europeo di Design una vignetta di Ronald Searle, che è davvero una mia grande passione, un mio feticcio da quando ero bambina. E la prima volta che in un negozio ho ascoltato un disco (credo fosse dal vivo con un sound davvero sporchissimo…) dei New York Dolls.

C4C – Tra i tuoi personaggi più famosi ci sono Aida, la marchesa Luisa Casati Amman e la bambina filosofica, personaggi femminili forti, in qualche modo decadenti, eppure in apparenza totalmente diversi tra loro. Vuoi raccontarci della loro genesi?
VannaAida è senza dubbio scaturita dal mio incontro con Trieste, che è una delle mie città mentali. Questo corto circuito ha prodotto una storia che è molto legata alla mia famiglia e a cose piuttosto personali. Diciamo che Aida è per me una sorta di catalogo di cose che so.

La Casati è stata una folgorazione. L’ho vista per la prima volta a una mostra di Giovanni Boldini a Palazzo Zabarella a Padova. Apriva l’esposizione una enorme foto di questa donna vestita all’orientale vicina al pittore, che era molto basso. E l’ultimo quadro era proprio il secondo ritratto, quello con le piume di pavone, fatto dal pittore ferrarese. Era davvero bellissimo. La mostra è stata nel 2005 e io ho passato molti anni a cercare materiale. Di fatto esistono solo due biografie, di cui una introvabile. Il personaggio mi ha stregato, così l’ho usata come fantasma in “Gatti Neri Cani Bianchi“. Poi, quando si è trattato di proporre un nuovo libro a Dargaud, tra gli altri c’era proprio un libro biografico sulla marchesa. Era un progetto folle e loro l’hanno scelto… È stato un lavoro lungo, difficile e bellissimo, perché il personaggio è davvero fantastico da disegnare. Di fatto però ne sono ancora posseduta, faccio fatica a liberarmene.

La bambina filosofica invece è nata così, per caso, in un locale di Bologna, quello con l’autobus inglese sul tetto. L’ho disegnata su un tovagliolino unto di olio delle patatine fritte e di ketchup. Ballava. Ho capito subito che aveva un carattere, è che io non sapevo cosa farle fare. Poi mi hanno spinta a lavorarci… Soprattutto Daniele Brolli, che poi mi ha messo in contatto con Linus, dove è stata pubblicata per quasi un anno. E poi Giovanni Mattioli che allora era la persona che si occupava degli autori italiani in Kappa. La bambina filosofica è la mia autobiografia. Magari lievemente alterata… Ma nemmeno tanto.

C4C – Non sono molti gli autori italiani ad essere approdati da Kōdansha. Come sei riuscita a farti strada nel mercato giapponese?
Vanna – Ahh… I manga mi sono sempre interessati, dall’inizio, da quando per averli bisognava farseli arrivare dal Giappone o dall’America. Però sono approdata alla Kōdansha una sera a una di quelle cene con un sacco di gente durante la Fiera del libro di Bologna.

C4C – Trovi che ci siano grosse differenze tra il mondo del fumetto estero e quello italiano rispetto all’approccio nei confronti dei disegnatori e della loro opera?
Vanna – Direi che trovo ci siano molte differenze tra redazioni e tra editori, a prescindere di quale nazionalità siano. Per quanto riguarda il mondo del fumetto, non saprei, visto che lo frequento poco. Sono fondamentalmente un’isolata e un’outsider.

C4C – Passiamo ora al motivo principale di questa intervista. È ormai ufficiale la tua collaborazione con BAO Publishing, anche grazie alle comunicazioni sui vari social che ti preannunciano loro ospite al Lucca Comics & Games 2014. Vorresti dirci di più su come è nata questa unione?
Vanna – Avevo diversi progetti in testa, da un po’ di tempo. Ho seguito i movimenti di BAO, soprattutto nel web e alle fiere. Mi è piaciuto il loro modo di essere. Cioè mi sembrava che ci fossero e non ci facessero, per dirla tutta. Poi ho raccontato a diversi amici, che fanno parte del mondo del fumetto, le idee folli che avevo, e mi hanno detto: “Perché non vai da BAO…“. E così è successo. Senza dubbio BAO ha un catalogo molto diversificato e nello stesso tempo molto preciso. D’altro canto, diciamo, c’è una sorta di quello che a Bologna si chiama “sbuzzo“, cioè in BAO c’è qualcosa di molto avventuroso, garibaldino… E questo a me piace molto.

C4C – Sappiamo che, secondo un’idea ancora generale, il progetto consterà di tre volumi molto diversi tra loro, che vista la cadenza, temo saranno capaci di far disperare più di un fan nell’attesa. Qualcosina mi hanno già rivelato, ma preferirei che fossi tu a decidere cosa anticipare ai lettori.
Partiamo dall’inizio: il primo libro, la cui uscita è prevista per settembre, sarà l’adattamento di un romanzo di un autore contemporaneo triestino. Hai altro da aggiungere?
Vanna – Sì, il titolo è “Il Richiamo di Alma” ed è tratto da un bellissimo romanzo di uno scrittore triestino, Stelio Mattioni. Il romanzo è stato pubblicato da Adelphi nel 1980. Ho realizzato questo lavoro l’estate scorsa per il quotidiano Il Piccolo di Trieste. Si tratta di una storia di formazione: un giovane vede una strana ragazza in bilico sulla balaustra della Scala dei Giganti a Trieste e decide che vuole parlarle. È l’inizio di una ricerca di questo personaggio femminile cangiante, imprendibile, dolce e amaro, che rimane un mistero. Forse è l’immagine della donna, forse è l’anima della città. Forse è un “lare” che abita a Trieste e che custodisce il segreto più arcano del luogo e forse il segreto della vita. È anche una ricerca di se stesso da parte del personaggio. Il libro è davvero bellissimo ed era la prima volta che mi mettevo alla prova su un testo di qualcun altro. La fine del libro è, per me, una delle conclusioni più commoventi che ho letto, insieme al “sì lo voglio sì” di Molly Bloom.

C4C – Il secondo libro, previsto per l’inizio del 2015, sarà la ristampa di Sophia, già pubblicata da Kappa Edizioni. Oltre a dettagli più succosi sul formato e sui contenuti speciali, che sono una delle caratteristiche più amate delle ristampe BAO, vorrei chiederti come mai hai voluto dare una nuova veste grafica a questo titolo.
Vanna – “Sophia” è un personaggio per me molto importante, e così sembra esserlo stato per i miei lettori. È stata anche il manifesto e il personaggio testimonial della mostra bellissima Oltre la soglia che il festival Bilbolbul mi ha dedicato nel 2011 al Museo Archeologico di Bologna. Sophia è una sorta di grande ricerca di quello di cui parlavo all’inizio, la vita, la malattia e la morte. Il filo conduttore di tutto è l’alchimia, che a guardar bene, è proprio una chiave per entrare in questi grandi temi della vita umana. E poi sentivo che anche i personaggi secondari molto famosi che accompagnano la protagonista volevano tornare fuori… Il conte di Saint Germain, la cantante immortale, Lucas l’antiquario di quattrocento anni e passa, il conte libraio, la vecchia del fiume, Nicolas Flamel e sua moglie Pernelle e Ermete, il medico in pensione amico di Sophia… E la guida spirituale Morieno Romano… Mi mancavano, ecco! Dei contenuti speciali e della veste editoriale non so nulla. So che ragionarci e lavorarci coi vulcanici BAOs sarà bello.

C4C – Il terzo libro, che personalmente attendo con impazienza, uscirà tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016. Si tratta di una storia inedita, la biografia di Erich von Stroheim (per i meno esperti: fu attore, regista e sceneggiatore negli anni venti, quindi con il cinema muto. Interpretò soprattutto ruoli da cattivo che gli valsero l’epiteto de “l’uomo che si ama odiare”, ndr). Vorresti raccontarci da cosa ti è venuta quest’idea?
Vanna – Questo è un altro dei progetti folli. Ho letto la prima e unica biografia di Von Stroheim in italiano molti anni fa. Era un libro che avevo sempre visto a casa. Era una delle classiche vecchie e meravigliose copertine beige… E questo è quello che recitava: autore Peter Noble, titolo “Fuggiasco da Hollywood“, editore Il Saggiatore, collezione i gabbiani, prezzo lire 600, genere cinema, 16 tavole fuori testo. Il titolo mi attirava più di tutto. Sapevo vagamente chi era Stroheim perché “Il viale del tramonto” è uno dei miei film preferiti. Dopo molti anni, un giorno l’ho tirato fuori dalla libreria e l’ho letto. È stato una scoperta! C’era tutto, il sogno americano, lo scandalo, il grande genio maledetto e esiliato da Hollywood, i pionieri del cinema, la faccia indimenticabile de “La grande illusione“, e la decadenza. Ma poi, leggendo le altre biografie di Stroheim ho scoperto un altro dettaglio non meno significativo… Le bugie. La biografia di Noble infatti si basava su testimonianze dirette proprio di Von Stroheim che all’epoca era ancora vivo. Be’, lui aveva raccontato per tutta la vita una storia personale totalmente inventata. E questo ha aumentato il fascino del personaggio. Quando sono stata da BAO a raccontare che cosa mi passava per la testa, ho parlato di Stroheim solo alla fine, perché il progetto mi sembrava davvero matto come Stroheim. L’hanno scelto!

C4C – Oltre a quello targato BAO, hai altri progetti in cantiere? Ti andrebbe di parlarcene?
Vanna – Sì, ho degli altri progetti e dei lavori già iniziati… Ma preferisco rimandare la risposta a un’altra volta… Anche per non urtare lo spettro di Stroheim che vuole l’ultima parola. A questo proposito dirò un segreto, il libro di Noble è uscito in Italia nell’aprile del 1964. Io sono nata il 30 aprile del 1964.

C4C – Qualche domanda più personale, se permetti:
C’è qualcuno in particolare con cui ti piacerebbe collaborare ma non si è ancora presentata l’occasione?
Vanna – Non so. Ce n’è tante e tanti, vivi e morti… forse Minoli.

C4C – Quale dei tuoi fumetti ti ha reso più orgogliosa? E ce n’è uno in particolare di cui, invece, non ti senti particolarmente soddisfatta?
Vanna – Sono tutti figli ammamma…

C4C – C’è un fumetto di cui vorresti essere tu l’autrice, che è un modo per chiederti quale sia il tuo titolo preferito?
Vanna – “Il Destino di Monique” di Claire Bretécher.

C4C – Ultima domanda, che è di rito per C4Comic: qual è la tua kryptonite?
Vanna – Il lezioso, l’affettato, il bon ton… Solo a scriverlo mi sta venendo l’orticaria…Non l’avevo detto che era speciale? Non resta che attendere le date previste per le nuove uscite, o correre a recuperare i vecchi lavori se la scimmia ha preso possesso.

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