Je Suis Charlie: Caro Corriere, non sono queste le scuse che servono

Questa mattina Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, si è svegliato con una bella gatta da pelare. Su tutti i maggior social network, infatti, girava con insistenza sempre maggiore la protesta di diversi fumettisti italiani in seguito alla pubblicazione delle loro vignette da parte del Corriere senza che fosse stata chiesta loro alcuna autorizzazione. Trovate qua la spiegazione di tutta la vicenda.

Oggi De Bortoli si è mosso, prima con un Tweet e poi rilasciando un’intervista a Wired che potete trovare a questo indirizzo.

Sulle pagine del Corriere, invece, compare questo – ahimé – significativo messaggio:

Post Scriptum (dopo le polemiche): Il ricavato di questa operazione, è bene ribadirlo, sarà devoluto interamente a favore delle vittime della strage e del giornale Charlie Hebdo. Aspettare di avere l’assenso formale di tutti gli autori, a nostro giudizio, avrebbe rallentato in maniera sensibile l’operazione. Comunque sul libro, in quarta pagina, c’è scritto con chiarezza che «l’editore dichiara la propria disponibilità verso gli aventi diritto che non fosse riuscito a reperire».

 

OrtolaniInsomma, ammettere i propri errori in Italia sembra diventata un’onta, una perdita di credibilità che non ci si può più permettere. Vengono usate le solite frasi-salvagente, da “Mi assumo tutte le responsabilità di quel che è successo, mi scuso con tutti coloro che si fossero sentiti a disagio, siamo disposti a riconoscere i diritti a “Il Corriere non ci ha guadagnato un Euro, tutto è stato fatto con le migliori intenzioni“. Passando per un vago “È possibile che ci sia stata un po’ di confusione, siano stati commessi errori, qualcuno non sia stato consultato“. Ottime massime da propinare per rifare la facciata ad una costruzione della quale ad essere minate sono le fondamenta.

 

Da fondatore e direttore di C4 Comic, ma anche da lettore, trovo grottesco questo continuo girare attorno al problema per salvare la faccia con i pochi pronti a cadere nella tela della retorica. Come avevo già detto ieri, il punto della questione non è né che il Corriere sia disposto o meno a riconoscere i diritti d’autore, né che si tratta di un’operazione benefica. Il punto è che viene completamente screditata l’etica che sta dietro al diritto d’autore. Il punto è che, quando il tutto viene fatto notare, si risponde “Eh ma noi non avevamo tempo, e comunque lo facciamo per beneficienza, su.” Il punto è che, il giorno in cui scoppia la tempesta, si minimizza il tutto come “polemiche su internet”.

Ma siamo sicuri che tutto questo sia riducibile a un flame, per dirla con il linguaggio della rete, o a una polemica, per dirlo con quello del Corriere?

polèmica s. f. [femm. sostantivato dell’agg. polemico]. –Controversia, piuttosto vivace, su argomenti letterarî, scientifici, filosofici, politici, ecc., sostenuta per lo più attraverso una serie di articoli o di altri scritti tra persone che hanno diversità di vedute.
Con sign. estens., contrasto, discussione portati avanti per inveterata abitudine a contraddire gli altri; atteggiamento di critica preconcetta.
(Vocabolario Treccani)

No. Qua non c’è diversità di vedute. Non c’è critica preconcetta. Qua ci sono dei fatti. C’è un’operazione scorretta e c’è un’ammissione di negligenza da fare. Non serve un’intervista, bastano poche righe. Chiare. Inequivocabili.