[Esclusiva C4C] C4 Chiacchiere con… Angelo Stano
C4 Comic ha l’onore di presentare un’intervista piena di echi di passato e di futuro con Angelo Stano, punta di diamante della Sergio Bonelli Editore e dell’indagatore dell’incubo. La carriera del maestro è costellata di tanti traguardi importanti, partendo, a metà degli anni Settanta, dalla riduzione a fumetti del romanzo “Dalla terra alla luna” di Jules Verne, passando per le collaborazioni con la Casa editrice Dardo, fino a giungere a “Le storie“, la testata Bonelli ideata da Mauro Marcheselli.
C4 Comic: Salve Angelo, innanzitutto grazie per averci concesso quest’intervista e benvenuto su C4Comic.
Angelo Stano: Ci mancherebbe, grazie a voi!
C4C: Presentare un artista con una storia lunga e intensa come la tua, non è compito semplice. Selezionare alcuni punti della tua carriera e tralasciarne altri sarebbe un torto alle mille sfaccettature del tratto “made in Stano”. Per non incorrere in errori, andiamo dritti al punto al 1985, Dylan Dog e la chiamata alle armi. Durante la realizzazione dello storico numero uno, “l’alba dei morti viventi”, quanto si intravedeva del futuro successo della creatura di Tiziano Sclavi?
AS: Eh già il 1985, trenta anni fa, l’anno di preparazione del primo Dylan Dog. Esisteva solo la prima sceneggiatura e le altre sarebbero state preparate in seguito per i vari disegnatori; conobbi Tiziano Sclavi nell’altra sede della Bonelli, in via Ferruccio, e lui era direttore della rivista Pilot che pubblicava fumetti francesi. Io frequentavo la redazione bonelliana e un amico comune fece vedere i miei disegni a Sclavi che volle coinvolgermi nel progetto. Appena letta la sceneggiatura, capii immediatamente che era una serie molto intelligente e brillante ed era qualcosa di veramente innovativo, di inedito. Intanto copriva un buco. Il genere horror nel fumetto aveva precedenti in Italia, ma soltanto nei prodotti destinati a un pubblico adulto: c’era sesso in abbondanza mescolato con l’orrore. Il profilo era piuttosto basso. Dyd era un personaggio nuovo che si ispirava alla letteratura e al cinema. Lo spunto di avvio era il “Frankestein Junior” di Mel Brooks: la spalla comica, l’assistente Groucho, si comporta infatti come Marty Feldman in quel film. Ciò che era importante in questo fumetto fu l’atteggiamento di fondo: Sclavi diceva “I mostri sono io” cioè si identificava un po’ nell’altra faccia della medaglia. In noi, cosiddette “persone normali”, c’è sempre un fondo di male, di cattiveria, di perversione. Con Dylan Dog si è cercato di indagare su questa parte nascosta, riflettendoci con ironia, ridendoci sopra, un po’ come un bambino che si traveste da zombie, da mummia, da vampiro. Ma c’è anche una parte malinconica, il malessere di vivere, il senso di inadeguatezza che Sclavi e tutta la sua generazione avvertivano rispetto alle deformazioni della società. Vivere è duro e quindi bisogna imparare a convivere con tutte le contrarietà dell’esistenza e con il mostro che è ovunque in agguato. Dylan Dog ci indica una maniera per farlo con intelligenza e ironia”.
C4C: Di quegli anni (ormai quasi trenta!) e della lunga collaborazione con Sclavi per gli albi che tracciavano il passato di Dylan, ricordi un aneddoto particolare da condividere con noi?
AS: Nel primo episodio, L’Alba Dei Morti Viventi, c’è un’intera sequenza tratta dal film di Romero, Zombi – Dawn of the Dead. Non avevamo foto del film, ma Sclavi aveva la cassetta in VHS e mi invitò a casa sua a visionarla. Scegliemmo alcune inquadrature e rapidamente ( il fermo immagine durava cinque minuti e non di più ) le disegnai direttamente con dei pennarelli in una forma che riproposi esattamente sulla tavola originale.
C4C: Copertinista, disegnatore, sceneggiatore. Dylan Dog ha tirato fuori ogni aspetto creativo della tua natura. Quanto Dylan è Angelo Stano, e viceversa?
AS: Se parliamo dal punto di vista professionale, è ciò che mi ha visto occupato per tre decenni quasi completamente. Impossibile prescindere da questo dato. Quanto all’identificazione con il personaggio, direi che una parte delle paure di Dylan, la vivo anch’io. Per esempio mi terrorizza la stupidità dilagante, la malattia, la burocrazia. Ma non ho i suoi incubi. Dormo bene la notte e non ho paura della morte. Da quando mia madre a sette anni mi ha semplicemente detto che quello è il destino di tutti.
C4C: Sperimentare è alla base del tuo lavoro. Il tuo tratto nel corso degli anni ha regalato differenti aspetti dell’ approccio al disegno. Dylan è la tua costante, c’è qualche altro personaggio bonelliano che ti piacerebbe esplorare?
AS: Non saprei. In realtà più che i personaggi, mi interessano le storie. Se un testo o una sceneggiatura offrono lo spunto per un approccio nuovo e stimolante, ecco che potrei misurarmi con una qualunque serie Bonelli.
C4C: Fase due di Dylan Dog. Si è detto di tutto: sperimentazione, rivoluzione, cambiamento, Downgrade. La tua visione sul nuovo corso di Dylan? ti rivedremo anche in veste di sceneggiatore?
AS: Qui distinguerei due differenti approcci, alle copertine e agli episodi. Per quanto riguarda le prime, come si è visto è cambiata l’impostazione. Siamo tornati a una rappresentazione più classicamente “pop” con tratto in bianco e nero e colorazione per lo più piatta. Dal canto suo, l’ideazione risponde all’esigenza di evitare la ripetizione degli schemi, puntando a spiazzare e sorprendere il lettore con proposte per quanto possibile nuove e originali senza però disdegnare qualche citazione esplicita a film e fumetti ove sia richiesto, come nella tradizione della serie. Quanto ai contenuti degli episodi, tralasciando le novità di cui s’è ampiamente parlato, su cui non ho alcuna riserva, trovandole opportune e necessarie, direi che sul piano del disegno non ci sono cambiamenti sostanziali. Solo una più accorta rappresentazione della Londra dei giorni nostri e dei cambiamenti della società. Come sceneggiatore per ora non ho nulla da proporre, ma non escludo di potere in futuro ripetere l’esperienza se mi verrà qualche idea interessante.
C4C: Restando nell’ambito della sperimentazione, tra gli autori italiani che hanno un grande successo di pubblico negli ultimi anni, Gipi e Zerocalcare solo per nominare la punta del diamante, c’è qualcuno c’è ti affascina particolarmente?
AS: Ai due nomi che hai citato, aggiungerei Manuele Fior, Gigi Cavenago, Piero Dall’Agnol e Massimo Carnevale. Questi ultimi due non nuovissimi, ma molto interessanti per come stanno portando avanti le rispettive ricerche.
C4C: Stai lavorando a qualche nuovo progetto di cui puoi parlarci?
AS: Sì, ma al momento preferisco non parlarne. Intanto fra qualche mese sarà pubblicato l’albo a colori “Mohawk River” che fa parte della collana “Le Storie”. Scritta da Mauro Boselli sullo sfondo della guerra dei sette anni tra Francesi e inglesi con i rispettivi alleati indiani.
C4C: C’è un fumetto di cui vorresti essere il disegnatore, che è un modo per chiederti: quale sia il tuo titolo preferito?
AS: Avrei volentieri voluto cimentarmi in una avventura di Corto Maltese. Non è un segreto che Hugo Pratt sia l’autore che più mi ha affascinato, e dato che lui stesso dichiarò in un’intervista che non avrebbe disdegnato una prosecuzione della saga del suo personaggio da parte di altri autori, ecco che se mi fosse offerta questa possibilità accetterei la sfida con entusiasmo.
C4C: Ultima domanda: qual è la tua kryptonite?
AS: La noia. Questo lavoro ci costringe a un lavoro lungo e ripetitivo che richiede dedizione e attenzione continua, ma la routine e le soluzioni di mestiere sono sempre in agguato e non è semplice sottrarsene.
C4Comic ringrazia Angelo Stano per il tempo concesso e per la gentilezza dimostrata.