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C4 Corso Manga: Lezione #8 – Abiti

Una volta che abbiamo realizzato lo schema principale del personaggio, con tutte le caratteristiche del caso, occorre ovviamente vestirlo.

Detta così può suonare una banalità, ma dovete ricordarvi che i vestiti vanno pensati (oltre che disegnati) SOPRA il corpo: questo implica che dobbiate necessariamente avere una figura definita e solo in un secondo momento tracciare gli indumenti. I vestiti, inoltre, vanno pensati non come “veli” adagiati a caso sopra il corpo, ma come oggetti veri e propri, con un loro peso, una loro elasticità e capacità di deformarsi e piegarsi, posati su un altro oggetto  che ne influenza la forma.

Schema -> corpo -> abiti. Non uscite da questo schema, e tutti gli abiti che indosserete saranno perfetti.

Per iniziare teniamo conto di tre punti principali:

Gli abiti avvolgono il corpo (in misura maggiore o minore a seconda del materiale e del peso) e perciò ne seguono le rotondità, le sporgenze e anche i “vuoti” (ad esempio, il “vuoto” che c’è tra la zone del torace e l’addome, lievemente più stretto in uomini e donne)

gli abiti subiscono la forza di gravità. Dove il nostro corpo non li “interrompe” (come sulle spalle) la stoffa dei vestiti “cade” verso il basso distribuendo il proprio peso.

Una volta disegnato l’abito da noi scelto il problema maggiore per dare realismo al nostro disegno è disegnare le pieghe della stoffa e i punti in cui essa si arriccia o si tende. Abbiamo accennato al fatto che il tipo di stoffa cambia come debba essere disegnato l’abito, quindi per questo esempio scegliamo due modelli di abiti abbastanza “standard” maglietta di cotone e jeans.

– gli abiti sono pensati per consentire il movimento, quindi perfino l’abito più aderente al mondo ha un quantitativo di stoffa “in più” per permetterci di alzare le braccia, correre e piegarci senza soffocarci. Più la stoffa è morbida e meno aderente più è semplice, ma non ci sono eccezioni

Una volta disegnato l’abito da noi scelto il problema maggiore per dare realismo al nostro disegno è disegnare le pieghe della stoffa e i punti in cui essa si arriccia o si tende. Abbiamo accennato al fatto che il tipo di stoffa cambia come debba essere disegnato l’abito, quindi per questo esempio scegliamo due modelli di abiti abbastanza “standard” maglietta di cotone e jeans.

ASCELLE/VITA/INGUINE/GINOCCHIA: sono i punti di maggior stress per gli indumenti, quelli che ne cambiano la forma e al cui movimento gli abiti devono mutare per permetterci di muoverci.
Qui la stoffa è sempre spiegazzata, perché sono le zone più soggette ai nostri movimenti; gli abiti sono studiati per permettere la rotazione e piega delle articolazioni e la comodità anche quando necessitiamo siano molto aderenti, quindi la stoffa non è mai perfettamente stretta sul corpo (che, in casi del genere, tende a “strabordare” mostrando i punti morbidi, o a tendere la stoffa all’estremo)

LE SPALLE: sono il primo “ostacolo” che incontrano gli abiti; il peso della stoffa è distribuito in maniera uniforme e non ci sono pieghe nette, perché il vestito si stende sulla forma delle spalle (che è quasi una linea) e poi viene “tirata” in basso dal proprio peso una volta scesa verso il braccio. Si formano pieghe quando le braccia di alzano e la stoffa tesa si ammucchia tra il braccio e il collo.

SCOLLATURA: la scollatura cambia a seconda del modello di indumento e oltre alla funzione estetica il suo unico compito è di permettere il passaggio della testa; si può formare qualche piega se le braccia sono piegate verso l’interno del torace e il corpo è rannicchiato in avanti (quindi tutta la stoffa si ammucchia sul torace)

PETTO/SENO: negli uomini difficilmente si formano pieghe particolari in questo punto, a meno che la stoffa non sia molto abbondante o ci siano movimenti che la spostino. Nelle donne è bene segnare sempre una piega tra i seni, perché nel vuoto formato tra i due la stoffa si accumula e si tende

PANCIA: uno dei punti in cui gli abiti risentono della gravità. Se la persona è di costituzione magra o media, c’è un lieve “dislivello” tra torace e addome, perciò la stoffa tende ad essere leggermente più aderente nella parte alta; superato l’addome, si ritrova senza qualcosa che ne arresti la “caduta”, e la stoffa si adagia sulla base del bacino (leggermente più largo dell’addome in entrambi i sessi). Nelle persone con costituzione abbondante la piega sulla pancia è minore più è aderente la stoffa, perché c’è più massa su cui il vestito si tende.

FINE DELLA MANICA: il punto che generalmente corrisponde ai polsi, ma può trovarsi anche vicino al gomito, poco sotto la spalla, o non toccare neppure il braccio (a seconda del modello di manica).
Qui la stoffa subisce di nuovo la gravità, e forma pieghe dovute al proprio peso dando alla parte finale della manica un aspetto arricciato, o formando pieghe larghe se l’imboccatura è molto morbida (come nel disegno, la manica svasata di Wasabi che forma una grossa piega centrale sul fondo). La cosa è ancora più incisiva se la manica arriva al polso, dove c’è stoffa sufficiente per permettere al polso di piegarsi e inoltre questa si accumula sul proprio peso.

Passiamo un secondo l’attenzione su due questioni prettamente femminili, ovvero il seno (su, non guardateci così) e le gonne.

Abbiamo detto all’inizio che gli abiti si posano sugli “ostacoli” del corpo, e tra questi ci sono i seni che “sporgono” dalla linea quasi dritta che porta dal pettorale all’ombelico. Indipendentemente dalla dimensione del seno, la stoffa scivola sulla parte superiore e poi “cade” una volta raggiunto il punto in cui il seno si incurva in dentro; che sia una stoffa pesante, leggera o rigida, essa non segue MAI la forma del seno, “rientrando” sotto di esso, ma scende verso la pancia: più la stoffa è pesante più il vuoto tra la parte sotto del seno e l’abito è più evidente.

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