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[Esclusiva C4C/Dylandogofili] Intervista ad Alessandro Bignamini

Alessandro Bignamini è un disegnatore milanese classe 1970. Consegue la maturità al liceo artistico, per poi frequentare la Scuola del Fumetto di Milano. Nel 1990 pubblica alcune storie autoconclusive da una singola tavola sulle riviste Fumo di China e Comic Art. Nella prima metà degli anni novanta collabora disegnando storie brevi per la rivista Profondo Rosso (Edizioni Eden) e per L’Intrepido (Casa Editrice Universo). Nel 1994 entra tra i collaboratori della Sergio Bonelli Editore, iniziando a lavorare sulla testata Mister No, dove illustrerà sia albi della serie regolare sia fuoriserie. Nel 2005, sempre per la Bonelli, disegna alcuni albi della miniserie Brad Barron. Nel 2009 entra nel team della miniserie Greystorm. Nel 2013 esordisce su numero 10 del Dylan Dog Color Fest ed entra a far parte dei disegnatori di Orfani, esordendo con il numero 2 della serie.

C4 Comic: Come ti sei avvicinato al mondo del fumetto?
Alessandro: Da che ricordi, l’immagine che ho di me stesso è quella di un bambino con le mani sporche di colore e la matita in mano. Ho sempre disegnato e i tanti cartoni animati di Goldrake, Mazinga, Jeeg robot, uniti ai fumetti di Superman, l’Uomo Ragno, Tiramolla, Topolino e tantissimi altri, mi hanno condotto naturalmente alla voglia di ricopiare quelle immagini e poi a inventarne di mie. Il mio primo vero approccio con il fumetto però, è avvenuto nel doposcuola delle medie, dove un lungimirante professore di disegno, decise di istruirmi insegnandomi i primi rudimenti di questo linguaggio.

C4C: Hai fatto degli studi o frequentato dei corsi per approfondire questa tua passione? In cosa ti hanno migliorato?
A: Già la scelta del liceo è stata un momento in cui ho iniziato a prendere atto che volevo fare il fumettista, difatti l’aver preferito il liceo artistico Hajech di Milano, non ha rappresentato un decidere sconsiderato bensì una scelta ragionata e pianificata, rivolta a condurmi alla fine del suo ciclo a iscrivermi a una scuola di fumetto. Cosi feci, infatti, una volta ottenuto il diploma di maturità, scrivendomi alla scuola del fumetto di Milano sul finire degli anni ottanta, dove mi ritrovai a frequentare autori bravi e affermati, che con le loro interessantissime lezioni sono stati capaci di trasmettermi grandi insegnamenti, riguardo alle tecniche del linguaggio, ricerca di un proprio stile di disegno, trucchi del mestiere e tanto altro.

C4C: Hai esordito con storie autoconclusive su fanzine come Fumo di China e Comic Art. Com’è stata la tua prima esperienza nel mondo del fumetto?
A: Stavo per l’appunto ancora frequentando il corso di fumetto di cui sopra, quando un giorno il direttore mi chiamò per dirmi che le edizioni Eden, lo avevano contattato perché cercavano un giovane autore a cui affidare un lavoro. Venni scelto io e da lì iniziò un po’ tutto perché mi fu affidata la creazione di una nuova serie con l’ideazione dei protagonisti e le tavole del primo numero. Il progetto però si fece complicato nei rapporti con l’editor e per via dei tempi strettissimi che venivano imposti, quindi la mia partecipazione venne meno e del mio rapporto con questa casa editrice, rimane solo un mio remake del “Gatto Nero” di Edgar Allan Poe, pubblicato sulla rivista Profondo Rosso. Giusto per dovere d’informazione, il progetto da me studiato e avviato si chiamava Elton Cop, e vedeva un giovane Mel Gibson come protagonista e Eddie Murphy come compagno d’avventura ed entrambi poliziotti, richiamando palesemente i contenuti di una serie della Sergio Bonelli intitolata Nick Raider.

C4C: Sei poi passato a disegnare storie per Profondo Rosso e L’Intrepido, una rivista dove hanno esordito grandi nomi del fumetto italiano. Cosa hai provato a lavorare per queste riviste?
A: Di Profondo Rosso ho già parlato, in aggiunta posso solo dire che essendo stata la mia prima esperienza di lavoro “pagato” e pubblicato, ha rappresentato un momento particolarmente emozionante, anche se la stampa del mio racconto era pessima e mortificante per i disegni. Altra cosa invece è stata lavorare per la Universo e il suo Intrepido, casa editrice e rivista di cui conoscevo bene la tradizione, perché insieme al Monello, hanno sempre fatto parte delle letture di casa mia insieme con altri fumetti. Il simpaticissimo Carlo Pedrocchi, editor all’epoca del rilancio del nuovo Intrepido poi, mi ha sempre coccolato e gratificato, mettendomi da subito nella condizione di lavorare bene dando il massimo. Per questa casa editrice ho prodotto una decina di storie libere, per poi disegnare un episodio del personaggio Billiteri, protagonista di storie seriali all’interno della rivista e finendo per ereditare dai pennelli di Bruno Brindisi, la gestione della serie western umoristica Orazio Brown, su testi del talentuoso Beppe De Nardo. Quello è stato un periodo estremamente stimolante che ricordo con grande nostalgia, dato che noi autori avevamo carta bianca riguardo allo stile e ai contenuti e potevamo osare e sperimentare liberamente tecniche narrative e di disegno.

C4C: Poi la svolta. Nel 1994 sei entrato alla Sergio Bonelli Editore iniziando a lavorare su Mister No. Com’è stato iniziare a disegnare per il più grande editore italiano di fumetti?
A: Un’emozione enorme, a partire dall’ingresso in redazione dove sulle pareti campeggiavano e tuttora è così, le meravigliose opere dei più grandi autori del mondo del fumetto e si respirava la tradizione e la storia di questa grande casa editrice. Io arrivavo per l’appunto dalla collaborazione durata tre anni con la casa editoriale Universo, e a seguito di una telefonata con Daniele Brolli, il quale mi aveva messo in contatto con Michele Masiero, (all’epoca editor di Mister No) mi presentavo per mostrare le prove del citato pilota amazzonico, speranzoso di entrare nella squadra degli autori che l’editore stava assoldando per il rilancio della storica testata. Brolli aveva già parlato di me a Masiero, facendomi una buona presentazione e a me bastò fare una telefonata per ottenere un appuntamento, occasione in cui mostrai i miei lavori recenti e le prove del personaggio già preparate. Ottenni da lì a breve una sceneggiatura, quella che poi sarebbe diventata la mia prima storia realizzata di Mister No, intitolata “Fuga dall’Inferno“, ecco com’è iniziato il mio lungo sodalizio con questa grande casa editrice.

C4C: Dopo Mister No hai disegnato qualche albo di Brad Barron, la prima miniserie targata Bonelli. Ti sei trovato a tuo agio nel mondo fantascientifico?
A: Dopo tanti anni passati a disegnare storie di un personaggio, con il quale avevo raggiunto una certa confidenza, il timore di passare a un altro progetto e quindi di riniziare tutto da capo era sicuramente grande. Brad Barron in quel caso, ha rappresentato il modo migliore di migrare da una situazione consolidata per entrare in una nuova tutta da conoscere, infatti, la presenza all’interno di questa nuova serie di ambientazioni e periodo storico già frequentati nella precedente, mi ha permesso di rifarmi a un grande quantitativo d’immagini e documentazione di cui ero in possesso e che avevo raccolto nel tempo. A quel punto ho potuto concentrare maggiormente i miei sforzi verso il genere sci-fi, potendo dare libero sfogo alla fantasia nell’inventare mostri e astronavi, e divertendomi a lavorare su situazioni che andavano dalla fantascienza classica all’horror con qualche spunto anche supereroistico, insomma una gran bella esperienza carica di stimoli nuovi e divertimento.

C4C: Passi poi al genere avventura disegnando alcuni albi di Greystorm. Quale tra tutti i generi disegnati per Bonelli ti piace di più disegnare?
A: L’esperienza fatta con Greystorm necessita di un approfondimento, dato che ha rappresentato un periodo di grande formazione per me e per la mia crescita lavorativa. Collaborare con Antonio Serra ha richiesto tutto il mio impegno e le mie capacità di autore e questo perché essendo lui anche un valido disegnatore, le sue non erano semplici sceneggiature ma spesso veri e propri storyboard disegnati e corredati da tonnellate di documentazione. Antonio mi ha aiutato a capire meglio come rendere ancora più comprensibili le sequenze e a prestare maggiore attenzione a dettagli narrativi che spesso impreziosiscono le scene, infatti, nonostante la mia precedente e lunga esperienza maturata nel disegnare storie, collaborando con lui ho realizzato quanto non si smetta mai di imparare e come sia facile nel tempo appiattirsi su di uno stile, perdendo di vista la bellezza di reinventarsi e di raccontare per immagini. Sono stati quattro anni di duro lavoro e di centinaia e centinaia di tavole prodotte, corrette, rifatte e in parte buttate, ma alla fine quanto realizzato, per me rimane il mio lavoro migliore e anche quello che più di ogni altro mi ha permesso di essere protagonista e di mettermi in luce come autore. Avevo già avuto modo di capire quanto sia emozionante lavorare sul genere “avventura” e la collaborazione con Serra che in questo è un maestro, mi ha fornito ulteriori certezze, personalmente amo anche l’horror e i supereroi e se il genere “avventura” significa farci stare dentro un po’ di tutto, condito con il cambiamento di scenari attraverso il viaggio, mostri e giganti, combattimenti ed esplosioni, allora ecco che abbiamo individuato ciò che mi piace di più disegnare.

C4C: L’anno scorso, il 2013, è stato forse il tuo anno più ricco di esperienze. Hai esordito sull’albo numero 10 del Dylan Dog Color Fest. Come ti sei sentito a realizzare per la prima volta una storia dell’Indagatore dell’Incubo?
A: Quella storia in realtà è stata prodotta nel 2011 ma solo nel 2013 ha visto la pubblicazione, per me infatti rappresenta materiale oramai vetusto e discutibile, che se ne avessi la possibilità rifarei totalmente da capo e in maniera differente. Già nel periodo in cui iniziai a lavorare a quelle tavole, capii subito che sarebbe stato molto complicato mantenere il giusto coinvolgimento e il necessario distacco tra il professionista e l’appassionato lettore. Infatti, un minuto dopo aver chiuso la telefonata in cui dalla redazione mi informavano che avrei disegnato una storia per il Color Fest, iniziarono ad assalirmi i pensieri più negativi riguardo alla responsabilità e all’onere di doversi confrontare con un personaggio da sempre amato, e anche se il professionista mi imponeva un equilibrio, la paura di fallire era tanta. Quell’estate spedii moglie e figlio in vacanza e a fine luglio / primi di agosto mi immersi totalmente nella lavorazione della storia, passando ore a studiare i vari Dylan disegnati dagli autori più ammirati della serie e preparandomi in oltre una grande quantità di immagini di documentazione, dato che la storia era ambientata nell’800 e quindi in costume. Sin dalle prime tavole, in redazione, ho ricevuto sostegno e apprezzamenti per come stavo realizzando il lavoro e indubbiamente questo a permesso che si creassero le condizioni giuste per poter procedere serenamente, quindi tavola dopo tavola in circa quattro mesi di lavoro sono giunto a conclusione e contemporaneamente il colorista Daniele Rudoni, seguendo le mie indicazioni di colore, ha concluso la sua parte. Lavorare per Dylan Dog è stata indubbiamente una bellissima esperienza e il coronamento di un sogno, mi ha offerto una grande visibilità in termini di pubblico e tuttora anche se sto lavorando ad altri progetti, continuo a ricevere richieste di disegni e illustrazioni legate al personaggio, cosa che faccio sempre con grande piacere e affetto.

C4C: Nello stesso anno inizi anche a disegnare per la nuova serie Bonelli, la prima a colori, intitolata Orfani. Forse si tratta di uno dei più grandi progetti editoriali degli ultimi anni in Italia. Deve essere stata una bella soddisfazione far parte di questo team. Come hai vissuto questa nuova sfida?
A: Ricordo che già nel periodo in cui ero ancora impegnato con la lavorazione di Greystorm, ebbi modo di parlare con Roberto Recchioni a una cena in occasione di Mantova Comics 2011, serata nella quale discutemmo di diverse cose e lui si complimentò con me per il lavoro che stavo facendo su quel progetto. Mi accennò a una nuova miniserie di fantascienza bellica sulla quale era al lavoro, dicendomi che gli avrebbe fatto molto piacere avermi in squadra e io non nascondo che mi sentii lusingato per l’invito. Greystorm era una miniserie di stampo “classico” e con un’impostazione seppur innovativa per via del protagonista insolito e antieroistico, comunque molto bonelliana nei contenuti e nell’impostazione, da quanto mi accennava invece Recchioni, Orfani sarebbe stato un progetto molto differente, moderno e soprattutto a colori, e devo ammettere che seppur lusingato non comprendevo il perché volesse me ai disegni. Col senno di poi gli sono molto grato per la fiducia riposta e per avermi dato un numero fondamentale da realizzare come il 2, venire in ordine di pubblicazione dopo l’albo di Emiliano Mammucari e il suo straordinario lavoro non era facile, ma anche grazie al bellissimo lavoro fatto da Annalisa Leoni ai colori, credo si possa essere contenti del risultato ottenuto. L’esperienza di Orfani si è rivelata essere molto istruttiva e la collaborazione con altri autori, tutti più giovani di me, molto coinvolgente e differente dai precedenti lavori, vedere i miei disegni colorati con gusto moderno e grande maestria mi ha gratificato parecchio e a tal proposito ringrazio Giovanna Niro, colorista del mio imminente numero 7, che ha fatto un lavoro strepitoso ed emozionante.

C4C: Passiamo ora a qualche domanda sull’Old Boy. A chi ti sei ispirato nei disegni di Dylan Dog?
A: Come accennavo prima, trovare una mia personale interpretazione ha richiesto un percorso di analisi e studio, attraverso l’osservazione del lavoro di alcuni autori in particolare e l’esigenza di ottenere un “mio” DYD. Ovviamente ho guardato con attenzione il lavoro fatto dal maestro Angelo Stano, il quale tra l’altro è stato mio insegnante negli anni di frequentazione della scuola del fumetto e che ritengo “l’interprete per eccellenza” del nostro caro indagatore dell’incubo. Ho osservato poi anche ciò che hanno prodotto negli anni, i bravissimi Piero D’Allagnol, Claudio Villa, Bruno Brindisi, Maurizio Di Vincenzo, Claudio Castellini e altri, rubando un po’ qua e un po’ là e arrivando a una mia sintesi, volendo evitare di disegnare un Dylan troppo moderno o troppo classico ma soprattutto cercando di renderlo coerente con il contesto ottocentesco in cui dovevo inserirlo.

C4C: La collaborazione con lo sceneggiatore (Antonio Serra) è stata facile oppure no?
A: Con Antonio venivamo da una fantastica e intensa collaborazione come quella per Greystorm, ci intendavamo perfettamente da tempo ed è stato lui a volermi come disegnatore per la storia che aveva scritto. Abbiamo proceduto senza alcun intoppo o incomprensione e la realizzazione ha avuto uno sviluppo all’insegna del divertimento e reciproca stima, coadiuvata da Giovanni Gualdoni che si è sempre speso in lodi verso entrambi incoraggiando il nostro lavoro.

C4C: Attualmente hai in cantiere altri progetti su Dylan Dog?
A: No, per ora mi limito a realizzare alcune illustrazioni che lo riguardano quando mi chiedono di partecipare a fiere e mostre, è sempre un gran divertimento poterlo disegnare e le illustrazioni, come forma di espressione, mi permettono di spaziare con la fantasia e in libertà, resto comunque speranzoso per il futuro di poter disegnare un episodio della serie regolare, chissà…

C4C: E in generale, stai lavorando a qualcosa in particolare?
A: Da qualche anno, anche se con pause lunghe per realizzare Dylan e Orfani, sono al lavoro su di un nuovo progetto in collaborazione con Stefano Vietti, intitolato per ora “I Pionieri dell’Ignoto“. Nato come primo episodio per una serie, ha subito diverse rivoluzioni di forma e attualmente lo stiamo confezionando affinché diventi un romanzo a fumetti Bonelli, ma del futuro ciclo di questi, ovvero storie più ampie e dilatate suddivise in tre albi e disegnati dallo stesso autore. Per contenuti e numero di personaggi, questo progetto sarebbe assolutamente in grado di diventare qualsiasi cosa e non temerebbe l’imponente lavoro richiesto dalle serie, con Stefano però si è deciso di avviarlo solamente in due, per non avere problemi di gestione e sviluppo ma se dovesse piacere, siamo pronti a trasformarlo in un progetto più grande, attualmente sono a metà del secondo albo.

C4C: Passiamo ora a qualche curiosità di te. A chi ti sei ispirato quando hai iniziato a disegnare?
A: A questa domanda è sempre difficile rispondere perché nel tempo i riferimenti sono cambiati, alcuni degli autori che inizialmente hanno rappresentato uno stimolo e una guida, con il mio crescere come disegnatore sono stati progressivamente abbandonati per strada o rivalutati. Posso dire comunque che ho sempre amato autori come John Buscema, John Romita, Serpieri, Stano, Claudio Villa o ancora Jack Kirby, Alfredo Alcala, Alex Raymond, Enrique Breccia e tanti altri. Colui però che per gusto personale considero un grandissimo autore e che guardo sempre con estrema ammirazione ma che non sono mai stato in grado di imitare, è Mike Mignola, un maestro di sintesi e del bianco e nero.

C4C: Con chi ti piacerebbe collaborare?
A: Nella mia carriera ventennale ho avuto la fortuna di lavorare con grandissimi sceneggiatori, ora guardo un po’ di più all’estero e indifferentemente tra Francia e America, ho qualche contatto straniero e vedremo se ne deriverà qualcosa, tra i sogni impossibili ci metto lavorare con Chris Claremont o Alan Moore.

C4C: Quali fumetti consiglieresti a chiunque?
A: Qualsiasi cosa legata a “Hellboy” di Mignola, “Batman: the Killing Joke” di Alan Moore e Brian Bolland, la saga di “Akira” dell’autore Katsuhiro Otomo e quella di “Crying Freeman” di Kazuo Koike e Ryoichi Ikegami, “Altai & Jonson” di Sclavi e Cavazzano, “Ranxerox” di Tamburini e Liberatore, ma ancora tutto e dico tutto quanto prodotto da Andrea Pazienza, “Gli Occhi e il Buio” di Gigi Simeoni oppure “Sul Pianeta Perduto” di Serra e Bacilieri e tante altre…

C4C: Quale fumetto avresti voluto disegnare?
A: Amo il mistero e l’avventura ma sono cresciuto leggendo anche molto fantasy, da sempre provo ammirazione per il personaggio di Conan il cimmero e guardare le tavole disegnate da John Buscema mi ha insegnato molto, se potessi disegnerei volentieri una sua avventura oppure una qualsiasi storia di Batman o del Corvo.

C4C: Quale fumetto preferisci disegnare?
A: Non saprei rispondere, amo tutti i personaggi sui quali ho lavorato negli anni e questo perché ognuno di loro ha rappresentato una istruttiva esperienza di lavoro e di crescita, ma anche un amico con il quale condividi un certo periodo di tempo. Greystorm ha preso alcuni anni della mia vita per la realizzazione di centinaia di tavole ed è un personaggio che ho amato molto, Mister No ha rappresentato la mia prima vera esperienza di lavoro lunga e da vero professionista, Brad Barron è stato divertimento puro, Dylan Dog una grande emozione, Orfani la cosa più vicina ai supereroi che abbia disegnato, insomma, ridisegnerei tutti loro da capo.

C4C: Quale tuo lavoro ritieni il più bello? E quale il migliore?
A: Credo di avere reso al massimo sul numero 6 e il numero 8 di Greystorm, sia per disegno sia per inchiostrazione, mi muovevo con confidenza sul personaggio e avevo tutta la stima di Serra, questo mi ha permesso di lavorare con equilibrio e grandi stimoli.

C4C: Cosa ne pensi di Roberto Recchioni come nuovo curatore di Dylan Dog?
A: Roberto lo conosco da tanti anni, è un autore completo che ha tantissimo da dare a questo mondo, è un personaggio incontenibile e vulcanico che forse a volte investe energie in troppe cose ma che proprio per questo non ha limitazioni. Ho accolto con entusiasmo il suo arrivo come curatore e penso che possa fare la differenza, l’importante è dargli fiducia e spazio se si vuole arrivare ad un cambiamento vero del prodotto, la sua preparazione a 360 gradi su tutti gli aspetti che riguardano l’editoria, costituisce un valore aggiunto alla sua preparazione come autore e penso che possa portare a cose buone per un prodotto più contemporaneo.

Il blog dell’autore: alessandrobignaminiblog.blogspot.it

C4 Comic ringrazia Alessandro Bignamini per questa dettagliata e interessantissima intervista realizzata da Marco Rubertelli, fondatore di C4 Comic, per l’associazione Dylandogofili. Di seguito vi proponiamo una galleria di lavori firmati Alessandro Bignamini.

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