Continua il nostro Speciale Patagonia (potete leggere la prima parte cliccando qui), un focus sulla storia e sui dietro le quinte della sua realizzazione in occasione della ristampa deluxe da parte di BAO Publishing. Per l’occasione abbiamo avuto la fortuna di poter intervistare Pasquale Frisenda, autore delle matite del volume, che gentilmente si è reso disponibile per una chiacchierata fiume sulla genesi del volume e sui suoi progetti futuri. Per chi ancora non lo conoscesse Frisenda è uno degli autori di punta del fumetto italiano, con alle spalle una lunga carriera che passa in mezzo a vere e proprie pietre miliari come Ken Parker e Magico Vento.
Io mi fermo qui, spero apprezzerete, enjoy!
C4Comic – Gentile Pasquale Le diamo il benvenuto su C4Comic. È un piacere e un onore avere l’opportunità di poter fare questa intervista. Partiamo da una domanda che in genere si tiene a fine intervista: Ken Parker, Magico Vento e Tex, tre nomi simbolo della letteratura western a fumetti, un genere che sembra calzarLe magnificamente, cosa Le piacerebbe disegnare in futuro? Qual è il sogno nel cassetto che artisticamente non ha ancora realizzato?
C4C – Qual è stato l’impatto nel misurarsi per la prima volta con Tex con una storia come “Patagonia” e quanto è stato un fattore critico quello di dover lavorare con un’ambientazione come quella delle pampas argentine, diversa dai consueti canoni del genere western?
Bozza di un’idea per la cover del volume BAO. L’idea era quella di richiamare all’occhio la bandiera argentina.
P.F. – L’approccio al personaggio di “Tex” non fu affatto semplice, per me. Avevo accumulato una certa esperienza nel disegnare fumetti western grazie alla partecipazione a serie come “Ken Parker” e “Magico Vento”, ma “Tex” rappresenta sempre e comunque una sfida, per un disegnatore italiano in particolar modo, credo. Uscito dallo staff di “Magico Vento”, avevo voglia di misurarmi in altri generi, e proprio per questo avevo preso appuntamento con Sergio Bonelli per sottoporgli le mie intenzioni e anche alcune tavole di prova di “Dylan Dog” (e nelle mie intenzioni c’era anche di farne alcune di “Nathan Never”). Ricordo che Bonelli fu molto gentile e disponibile, e, alla fine, dopo una lunga chiaccherata, buttò un occhio anche alle tavole (molto velocemente, in realtà), ritenendole comunque adeguate alla serie. Ma la sua decisione l’aveva già presa, e me la dichiarò pochi giorni dopo, cioè di farmi passare alla serie di “Tex”. La notizia mi spiazzò alquanto, ancora di più, poi, quando mi venne detto che l’impegno consisteva nel disegnare un numero speciale di “Tex”, cioè uno dei cosiddetti texoni. Mi sentii inadeguato all’impegno, perché, come ben sanno gli appassionati, i texoni sono una serie destinata a molti autori di fama internazionale, o comunque che hanno una
C4C – Il formato del “Texone” ha permesso di apprezzare appieno il suo lavoro. Oltre alla cura impressionante di ogni singolo dettaglio, ciò che mi ha colpito è la capacità di rendere unico ogni volto. “Patagonia” è una storia con molte figure, quasi corale, eppure si distingue perfettamente ogni personaggio coinvolto nell’azione già ad un primo sguardo. Un realismo eccezionale, che consolida e contribuisce a costruire il tono tragico della vicenda attraverso i volti dei protagonisti e dei personaggi secondari. Ha avuto particolari indicazioni in merito da parte di Sergio Bonelli o dallo stesso Boselli, oppure ha avuto libertà di manovra nel caratterizzare i personaggi?
C4C – Sempre restando in tema di realismo, il lavoro che ha svolto sulle ambientazioni è quanto di più vivido e coinvolgente mi sia mai capitato di leggere. Che si tratti di un paesaggio, di una battaglia o di una scena in notturna, attorno al fuoco, le Sue tavole catturano il lettore e lo trascinano letteralmente all’interno della storia. C’è stato qualche elemento della sua carriera che ha trovato particolarmente utile per poter realizzare un lavoro così coinvolgente?
C4C – Abbiamo avuto la fortuna di poter ammirare l’impressionante cartella di bozze, tavole e studi che ha consegnato in BAO Publishing per l’edizione deluxe del volume, la domanda sorge quindi spontanea: quanto tempo occorre per lavorare ad una storia così complessa come Patagonia? Qual è stato l’elemento più difficile con cui si è dovuto confrontare?
P.F. – Come detto, per completare il texone ho impiegato tre anni di lavoro davvero molto intensi. La difficoltà maggiore è stata quella di cercare e trovare la documentazione necessaria alle varie scene che la sceneggiatura offriva, per eliminare o almeno ridurre il più possibile la presenza di errori o imprecisioni nella rappresentazione sia degli ambienti, che delle divise dei militari o dei costumi dei gauchos e dei nativi. Tutto quello che mi è passato sotto mano in quegli anni è stato da me archiviato in modo da potere essere utilizzato nelle tavole. Sia immagini, ovviamente, ma anche racconti, come, ad esempio, un articolo su Charles Darwin pubblicato più o meno nel 2007, se non ricordo male, su un numero dell’edizione italiana del “National geographic”, dove il celebre naturalista raccontava un suo viaggio nella pampa argentina, descrivendo sia la flora che la fauna da lui osservate ma anche gli usi e i costumi dei gauchos.
C4C – Qual è la cosa di cui è più soddisfatto del suo lavoro su Patagonia e che cosa invece cambierebbe se potesse tornare indietro?
C4C – Lei si è dovuto, da subito, confrontare con un Tex in parte diverso da quello classico, un eroe se vogliamo più oscuro e costretto a prendere decisioni estreme ma che allo stesso tempo rimane sempre e comunque sé stesso. Una dualità non certo semplice da rappresentare. In virtù di questa peculiarità, per orientarsi quando ha iniziato a lavorare alla storia, ha studiato qualcuno in particolare dei disegnatori storici della serie?
P.F. – Il mio riferimento principale è stata, come detto, la versione data da Giovanni Ticci al personaggio, sia quella delle sue prime storie, come “Sulle piste del nord”, “Terra promessa”, “A sud di Nogales” o “Gli eroi di Devil pass”, che quella più recente. Volevo comunque rappresentare un uomo fisicamente prestante, ma senza esagerare nella muscolatura (Tex è comunque un uomo, non un supereroe). In alcuni dettagli ho poi cercato di omaggiare altri disegnatori della saga di “Tex” a me cari, come Aurelio “Galep” Galleppini (reinserendo negli stivali di Tex la striscia gialla con la stelletta, cosa che lui ha sempre disegnato) e Fernando Fusco (mettendo il coltello attaccato al cinturone di Tex, elemento che Fusco non ha mai fatto mancare). Guardando le tavole del primissimo Galleppini ho poi in parte riscoperto l’abilità di questo disegnatore, che non guardavo più da anni. Un piccolo omaggio a Galep e a quel periodo di “Tex” l’ho voluto rendere anche con il disegno realizzato per lo stand Bonelli e portato a Lucca l’anno scorso.
C4C – Pasquale, se permette vorrei ricollegarmi per un attimo alla prima domanda per chiedere se Le andrebbe di raccontarci qualcosa sui suoi prossimi progetti?
P.F. – Ora sto realizzando un albo per la collana “Le Storie” della Sergio Bonelli Editore (un esperimento editoriale coraggioso, oggi come oggi, che prosegue in parte iniziative come la “Collana Rodeo”, serie che Sergio Bonelli pubblicò dal 1967 e in cui esordì, tra le altre cose, anche la splendida “Storia del West” di Gino D’Antonio). La storia in questione è ambientata nel periodo napoleonico, durante la ritirata di Napoleone dalla Russia, e fa leva su alcuni racconti del folklore di quelle terre. Le tavole, disegnate su testi di Tito Faraci, sono completamente in mezzatinta, una tecnica che amo molto. Ho poi un progetto, a cui tengo in maniera particolare e per vari fattori, in collaborazione con Francesco Artibani, e di cui ho da poco finito le tavole di prova (queste interamente realizzate a colori). C’è anche un altro progetto in ballo, e questo per gli Stati Uniti, ma è ancora prematuro parlarne.
C4C – L’ultima domanda Le risulterà inconsueta ma per noi di C4Comic è una sorta marchio di fabbrica: qual è la Sua kryptonite?
P.F. – La pigrizia. Devo sempre trovare nuovi stimoli per andare avanti e cercare di non sedermi su quello che ho già acquisito con il rischio di sconfinare nella maniera, che per un disegnatore non è mai una cosa positiva. Ma non sempre è facile, anzi. Però sarebbe deleterio per uno come me, anche perché, come già detto, non sono mai contento di quello che faccio, e se cominciassi a ripetere sempre le stesse cose senza mai un cambiamento, per quanto minimo, sarebbe la fine.
C4C – Pasquale grazie per la disponibilità e per l’intervista, a nome di tutta la redazione di C4Comic Le faccio i miei più sentiti ringraziamenti e auguri per i suoi progetti futuri.
P.F. – Grazie a voi di tutto.
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